Concrete Utopie

Angelo Cortesi

È la sezione storica dell’evento. Quest’anno tutto ruota attorno ad Angelo Cortesi, importante figura del design milanese, nella ricerca del quale sono sintetizzate storia, creatività, design e architettura.


CONCRETE UTOPIE


Partendo dal titolo concrete utopie mi piace pensare che significhi non un ossimoro ma una completezza di intenti che coniuga idealismo e realtà. Un in avanti, sbilanciarsi, cadere forse, che ci comunica la forza di un atteggiamento mentale e pratico, come si diceva una volta, comprendente teoria e prassi ed anche un’attenzione alla società e al suo miglioramento.

Il design è progetto, è metodo, è approccio qualitativo, ma resta inerme se non è accompagnato da utopia, sogno, immaginazione. Con la ricostruzione di una piccola porzione dello studio milanese di Angelo Cortesi, nello spazio della mostra, si è strutturato un percorso narrativo in forma critico- narrativa di una serie di esperienze metaprogettuali, progettuali e teoriche che permette al pubblico di muoversi all’interno di un luogo di ideazione e al processo creativo che le ha originate. Perché quanto di meglio e didattico esiste oltre all’esempio, alla realtà dei prototipi o dei modelli di studio di architetture e di oggetti per comprendere come si può usare lo spazio per progettare in architettura e nel design, o come inserire un’idea in un prodotto di design e seguirne la ricerca ideativa. “..si facciano altresì dei modelli in scala dell’opera, sulla base dei quali è consigliabile riesaminare ogni parte dell’edificio da costruirsi due, tre, quattro, sette, dieci volte, riprendendo l’esame a volta a volta dopo intervalli di tempo, finché nell’intera opera, dalla zona più bassa alla più alta tegola, non rimanga particolare, riposto o scoperto, grande o piccolo, che non sia stato da noi lungamente e intensamente soppesato….” (L.B. Alberti, De Re Edificatoria. Libro IX, cap. VIII).

Angelo Cortesi rappresenta una importante figura di quella seconda generazione che ha dato identità al design italiano e che ha partecipato alla costruzione della cultura del design e al suo affermarsi all’interno del progetto, alla sua introduzione come valore nella attività delle aziende italiane e più in generale alla divulgazione del design nella conoscenza comune. Trasferire una parte fisica dello studio Cortesidesign all’interno di una mostra ha un significato non celebrativo, ma dimostrativo di come la creatività può approcciare differenti problemi e risolverli se sorretta da lavoro, metodo, ricerca e cultura. La mostra è organizzata in tre sezioni che rappresentano macroaree della complessa attività di Angelo Cortesi articolata tra design, architettura e ricerca, tre grandi aree a testimonianza della completezza della figura professionale del designer.

STORIA, CREATIVITÀ, METODO


Chi era studente universitario o in procinto di laurearsi in architettura negli anni ‘70 sa che la parola design in quel periodo non possedeva un preciso e identificabile significato, anzi era proprio poco conosciuta, non apparteneva e non era diffusa nella società. Design era un termine spesso confuso con artigianato, con arte o con copia. Cortesi è storia perché come presidente ADI (Associazione del Design Italiano) e da vicepresidente dell’Associazione Mondiale del Design, ha contribuito a dare al design italiano dignità, cioè ha definito con altri il design come disciplina autonoma, anche come co-fondatore della prima Facoltà del Design in Italia, quella del Politecnico di Milano. Ha inoltre partecipato alla costruzione della cultura e della comunicazione del design italiano attraverso una filosofia del design, collegandosi metodologicamente ad altri architetti e comunicatori, come quelli che hanno per esempio creato e divulgato la cultura del “moderno” e la sua possibilità di essere capito non solo come fatto tecnico, prima da pochi e poi da tutti. Trent’anni ai vertici ADI sono serviti anche a questo: a comunicare, a far crescere nelle aziende italiane ed estere la consapevolezza del valore del design per aggiungere valore ai loro prodotti e migliorarne il senso del bello.

Nella creatività Angelo Cortesi è un maestro, sia come capacità di immaginazione che come capacità di aggiungere qualcosa ad oggetti o architetture che normalmente usiamo o viviamo. Esempi sono in mostra: dalla pinzatrice, che nella forma diverte e racconta ma che nasconde contemporaneamente una forte ergonomicità, al banco di check in, che quando progettato ha rappresentato una nuova postazione di lavoro che racchiude in un innovativo guscio, il primo al mondo in plastica fiberglass, un più confortevole e compatto luogo di lavoro con un alto grado di sicurezza e di difesa dalle aggressioni.

DAL DIARIO AL PROGETTO


In mostra anche qualche carnet di Cortesi, che coprono alcuni anni di lavoro, sono disegni e appunti con una chiara funzione progettuale, anzi sono essi stessi un grande progetto, organizzati da una ricerca interiore di intuizione e ragionamento che si esprime attraverso un formulario di segni, schizzi e annotazioni come rappresentazione dell’idea. Carnet che raccontano un diario di viaggio all’interno di una cultura di forme e idee di Angelo Cortesi, sono le provocateur d’émotion di un percorso che mostra cose da vedere e cose non visibili, oggetti e architetture che hanno come paradigmi iniziali l’emozione, racconti più o meno svelati a secondo della personale messa a punto. Sono carnet che alla lettura portano anche solo come prima impressione ad un’affascinante scoperta per il loro impatto artistico. Come scrive Le Corbusier: “Le provocateur d’émotion est un complexe de formes assemblées en un rapport précis: horizontale, verticale … une pensée type possibile d’universalité, langage du coeur de touts les hommes”. ( Le Corbusier, Confession, in L’art décoratif d’aujuord’hui, Paris 1925, pag 211)

Queste testimonianze disegnate, partecipano alla definizione di design o architettura, che riteniamo essere composta dall’insieme dei disegni, degli schizzi, dei progetti, degli elaborati esecutivi, anche dei progetti non eseguiti per i motivi più vari, e poi ancora, dagli gli scritti, teorici o progettuali, critici e storici ed anche dai dibattiti, le polemiche e le controversie tra architetti e tra designer. Spesso nella cultura architettonica e in quella del design sono molto interessanti anche progetti ed idee rimaste sui taccuini e mai eseguite, come i carnet di studio che in questo caso sono una chiara dichiarazione poetica, un aggregato di relazioni formali ed esperienze ispiratrici disperse nel tempo ma con un filo logico che le collega ad una identità e una riconoscibilità: quella dell’autore.

Angelo Cortesi attraverso questi disegni, graffiti, “cose”, disegnate a volte di corsa dirette verso chissà quale finale inatteso, cerca di fissare angoli della mente, pensieri veloci, intuizioni o tracce che appartengono all’esperienza di tutti i giorni, per trasformarli in realtà. Sono anche la rappresentazione e un insegnamento di come un quotidiano, lento e progressivo lavoro, possa costruire una professione e portare a risultati concreti, è la sedimentazione coerente dell’intuizione, dell’attimo che con il tempo ed il pensiero diventa qualità, contro ogni aspetto della superficialità e di un fraintendimento della velocità, della facilità della sola immagine che oggi sembra permeare il design e anche le nostre vite. Cortesi rappresenta l’umanità del design, poiché lo riporta nell’ambito di una professione che si forma continuamente, nella evoluzione di teoria e aggiornamento, per questo un esempio per tutti e in particolare per i giovani perché insegna che il successo non è una casualità, ma costruzione e amore per la propria professione come scelta di ogni giorno. Passione che si accompagna ad un’altra quella della lettura di tutto quanto può riguardare il design e l’architettura con un costante aggiornamento.

LA RICERCA


La ricerca è un altro degli aspetti in mostra che è un parametro irrinunciabile dell’attività lavorativa di Angelo Cortesi fin dagli inizi.
Un percorso iniziato con lo studio all’habitat umano e il progetto un Habitat per l’uomo del 1970, che ha portato alla realizzazione, tra le tante, della leggerissima villa in acciaio e alluminio, la prima al mondo, ed anche alla prima casa con riscaldamento ad energia solare in Sardegna, fino ad una delle mostre tematiche organizzate da Cortesi nella XVIII Triennale di Milano: Natural-Mente, che ha affrontato il problema della sostenibilità ambientale con largo anticipo sull’attuale Green Economy. Triennale in cui vi era presentata anche la casa che respira in un interessante rapporto tra design ed arte con l’opera di Yves Klein. Dalle stesse parole di Cortesi: “Per l’Arte pensai a Yves Klein, pittore del Blu, creatore del vuoto, manipolatore di energia cosmica e architetto dell’aria che, con la sua metafora “Il giardino dell’Eden”, ipotizzò uno spazio naturale, incontaminato, tecnologicamente protetto per consentire all’uomo una vita “semplicemente mitica”, così insieme a Pierre Restany, critico e storico di Klein, creammo la “Casa che Respira” un piccolo esempio, una miniatura della grande utopia del “Giardino dell’Eden”.

La ricerca continua diventa metodo, come si può notare nei progetti in mostra, ricerca come stimolo per superare con discrezione la normalità della pratica professionale con l’inserimento di alcune eccezionalità che ne caratterizzano la qualità unica, come ad esempio nel particolare podio premiazioni dell’Autodromo Nazionale di Monza.

Una importante tappa della ricerca Cortesi è il Design Memorandum: dall’etica del progetto al progetto dell’etica, che ha come sottotitolo Per la fondazione di un design critico, pubblicato nell’ottobre del 1987 e redatto oltre che da Angelo Cortesi per l’Italia, da Martin Kelm della Repubblica Democratica Tedesca, Tapio Periainen Finlandese, Yuri Soloviev dell’allora USSR e il norvegese Fredrik Wildhagen. È un documento-manifesto internazionale originato dalla necessità di iniziare una sensibilizzazione critica verso i problemi del rapporto tra design, progetto, bisogni ed etica. E tutt’ora l’unico documento teorico del design che io conosca che ha affrontato queste relazioni con tali affermazioni “Affermiamo la costruzione di un’etica dell’era industriale è la condizione di sviluppo del progetto moderno” e ancora “Le condizioni di sicurezza indispensabili per quello che chiamiamo uomo esigono il rispetto di diritti/doveri in rapporto alle condizioni di entrata, di permanenza, di uscita dalla vita”.

L’ARCHITETTURA E IL DESIGN


L’architettura per Angelo Cortesi è una passione antica, nasce con la scoperta da adolescente della Casa sulla Cascata di Frank Lloyd Wright, e lo porta alla decisione di progettare case, attività che inizia nello studio di Dado Torrigiani e che sviluppa anche nella redazione giovanile di in un libro manuale che rappresenta progetti tipo per differenti tipologie di ville.

Possiamo dire che caratteristiche dell’architettura di Angelo Cortesi, ma ritengo anche del suo design siano l’ossessione dello spazio, l’enfasi del racconto e un certo classicismo.

L’ossessione dello spazio si palesa nelle compenetrazioni spaziali alla base dei suoi progetti ed oggetti che prima di tutto sono volumi semplici o articolati, ma sempre con una forte presenza volumetrica. La sovrapposizione di attività tra design e architettura ha portato Cortesi a sviluppare una originale strada che sta a metà tra micro-architetture e macro-oggetti di design come nei vari progetti per Smau.

Il racconto, come caratteristica progettuale, Angelo Cortesi l’ha anche teorizzato nel suo libro del 2008, L’uomo che credeva nel design, in cui afferma che il design ha dato linguaggio alla produzione industriale e che “Il racconto contiene il soggetto del prodotto da raccontare, il racconto è un percorso immaginario. La parola racconto non è metaforica, è la prefigurazione. La sceneggiatura di ciò che dovrà essere il prodotto alla fine......Il racconto coniuga la tecnologia con l’arte e il comportamento.” (Angelo Cortesi, L’uomo che credeva nel design, Maggioli Editore, 2008, pag. 100). In questo modo il consumatore non trova solo prodotti o soluzioni ma sensazioni e storie. Che quest’approccio al design sia vincente lo dimostrano tra i numerosi premi vinti in carriera da Cortesi, due Compassi d’Oro per prodotti e uno alla carriera che arricchiscono il suo studio.

Per quanto riguarda il classicismo, questo non sta nella riproduzione di un passato aulico, ma nella semplicità compositiva e come già detto volumetrica, nell’ordine e nei ritmi tra vuoti e pieni come linguaggio sia negli esterni che negli interni. Parecchi tra progetti di architettura, dalla sede Ras alle sedi Educational e Marketing IBM, fino agli interni degli Aeroporti di Malpensa e Linate, mostrano questa personale interpretazione dello spazio e dell’arte compositiva. Nel design, tra le centinaia di prodotti progettati, i tavolini in cristallo della FIAM sintetizzano in modo esemplare questo approccio tra spazio e classico, perché nella loro estrema semplicità assommano tutte le necessità e i contenuti nonché i connotati di riconoscibilità ed espressività che un prodotto deve avere per Angelo Cortesi: la forma come espressione della funzione, il mito, la capacità di interpretare la luce, il sentimento, la tecnologia, la sorpresa ed il racconto.
Considerata la proficua attività di Angelo Cortesi ad oggi ancora molto attiva, mi piace concludere con le parole di Yves Klein che in qualche modo trasferite nel design si adattano all’insegnamento di Cortesi : “Non è sufficiente dire o scrivere: io ho superato la problematica dell’arte. È necessario averlo fatto. Io l’ho fatto. Per me la pittura non è più in funzione dell’occhio contemporaneo; essa è in funzione della sola cosa che non ci appartiene: la nostra vita . L’oggetto dell’arte non è la pittura (cioè un altro oggetto) ma la vita” (citato in: Pierre Resnay, Francesco Schianchi, La casa che respira ovvero l’eden di Yves Klein. 1992).

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Mauro Afro Borella

Architetto Designer